CAPITOLO 3

LOU DALFIN

3.1 Il lavoro sul campo

Per raccogliere informazioni su Lou Dalfin ho intervistato alcuni componenti del gruppo ponendo loro una serie di domande riguardanti la genesi e la storia del gruppo stesso e, parallelamente, la situazione politica e culturale delle valli occitane d'Italia. Le persone che ho intervistato sono:
- Sergio Berardo, 46 anni, musicista di Caraglio (Cn), fondatore sia della prima "versione" de Lou Dalfin nel 1982 sia della seconda, nel 1990 ed è tuttora il "motore" del gruppo. All'attività concertistica affianca l'attività didattica insegnando strumenti occitani all'Istituto Musicale di Dronero;
- Dino Tron, 32 anni, musicista della Val Chisone (Meano) ora residente a Pinerolo (To). Oltre a suonare con Lou Dalfin insegna organetto e cornamusa;
- Riccardo Serra, 39 anni, musicista originario della Val Varaita e ora residente a Cuneo.
Anche lui, come Dino e Sergio, affianca all'attività concertistica l'attività didattica insegnando batteria;
- Fabrizio Simondi, 38 anni, professore alle scuole medie superiori, residente in Valle Grana, a Pradleves (Cn). Ha suonato con Lou Dalfin dal 1990 al 1996 ma dopo aver lasciato il gruppo ha continuato a collaborare scrivendo i testi di alcune canzoni. E' stato il fondatore e il direttore di due cori occitani: La Cevitou, con cui ha poi smesso di collaborare e L'escabot, di cui è tutt'oggi
il direttore.


3.2 La situazione politica, culturale e musicale delle valli occitane d'Italia negli anni       Settanta e Ottanta

Quando nasce la prima formazione de Lou Dalfin, nella prima metà degli anni Ottanta, le vallate occitane d'Italia risentono ancora del risveglio culturale e politico che si è verificato a partire dagli anni Sessanta, prima con la nascita dell'Escolo dou Po, poi con la formazione del MAO e di altre associazioni culturali quali Valados Ousitanos, Lo Soulestrelh, il movimento de l'U.D.A.V.O.
C'è un grande interesse da parte di alcuni settori della società nei confronti delle proprie radici, della propria origine, della propria identità: si scrivono poesie in occitano e si inizia a scoprire il ricco patrimonio di danze e di musiche locali.
Il risveglio culturale di quegli anni porta alla consapevolezza che le valli non sono isolate, non finiscono dove comincia il fiume che dà loro il nome ma sono una frontiera aperta verso i territori al di là delle Alpi con cui condividono molti elementi di cultura, primo fra tutti la lingua. Il risveglio musicale nelle valli ha diversi aspetti: innanzitutto dobbiamo considerare la Valle Vermenagna in cui non c'è mai stata un'"interruzione" della tradizione, non si è mai smesso di suonare corenta e balet (le danze locali).
Negli anni Sessanta però vi è una certa "flessione" nel senso che i suonatori cominciano a trovare più gratificante e più alla moda suonare la musica sudamericana o il liscio. Tuttavia all'inizio degli anni Settanta c'è una ripresa, una crescita di interesse attorno alla tradizione.
Ci sono poi persone che compongono canzoni in lingua d'oc, come ad esempio Masino Anghilante della Valle Varaita, c'è una corale delle valli valdesi (l'Abbadia Corale) che esegue repertorio francese e piemontese anche in occitano, ci sono i ricercatori, come Giampiero Boschero della Valle Varaita, che vanno a registrare i vecchi suonatori, si fanno insegnare le danze, ne analizzano le strutture e cercano di riportarle in auge. Nei primi anni Settanta nasce il gruppo dei "Troubaires de Coumboscuro" che compone canzoni abbastanza marcate dal punto di vista della rivendicazione politica; ricordiamo poi Dario Anghilante della Valle Varaita che, sulla scia dei vari "cantaires" dell'Occitania francese, compone canzoni in lingua d'oc.
Alla fine degli anni Settanta il gruppo del Conservatorio Occitano di Tolosa e Lou Bacias, un gruppo del Nizzardo, vengono nelle valli a suonare e vi portano l'idea di folk-revival occitano. Rappresentano una vera "folgorazione" per molte persone che in quel periodo iniziano a interessarsi alla musica tradizionale. Nasce così il primo gruppo folk delle valli occitane d'Italia: i Sonaires Occitans, di cui fa parte anche Sergio Berardo; si costituiscono poi altri gruppi fra i quali ricordiamo gli "Artesin".
Per quanto riguarda le valli pinerolesi intensa è l'attività della Cantarana di Pinerolo, un gruppo musicale che intraprende un'enorme campagna di ricerche durata dal '77 all'89 in cui registra tutti i cantori e i suonatori popolari che riesce a trovare nelle valli Chisone e Germanasca.
Qui il repertorio è particolarmente complesso perché si incrociano le culture e le fedi religiose cattolica e valdese e la gente parla comunemente quattro lingue: francese, italiano, occitano e piemontese, ognuna relegata ad un ambito particolare. La Cantarana compie un'attività di riproposta filologicamente molto corretta ed è molto preziosa in quanto mette a disposizione di tutti il materiale trascritto e registrato.

3.3 La nascita del "primo" Lou Dalfin

Lou Dalfin nasce nel 1982 dalle ceneri di un altro gruppo: L'ome sarvage. Nel 1981 Sergio Berardo decide di costituire un gruppo di folk-rock occitano insieme a un musicista di Robilante, Livio Mandrile, che suona la fisarmonica, la chitarra e il trombone, un bassista di Torino e un batterista di Mondovì. I tempi però non sono maturi per una riproposta di questo genere: si sta appena affermando il folk-revival e molti non vedono di buon occhio la contaminazione della musica tradizionale con strumenti più moderni quali basso e batteria.
L'ome sarvage fa alcuni concerti e poi si scioglie. Sergio vuole fermare su disco il repertorio eseguito ma gli altri componenti del gruppo non sono d'accordo e così si ritrova da solo; decide allora di rivolgersi ad altri musicisti e nasce Lou Dalfin, gruppo più aderente a quelli che sono i canoni del folk-revival del tempo.
La formazione è composta da Marco Origlia (strumenti a plettro), Gianpaolo Delfino (violino), Alberto Gertosio (flauto traverso) e, ovviamente, Sergio Berardo (organetto, ghironda e voce).
Il gruppo registra il suo primo disco En Franso Iero De Granda Guera in cui in parte attinge al repertorio di un cantore di Bobbio Pellice, Robert Tagliero detto Robert le Diable, che conosce moltissime canzoni del repertorio valdese, sia in occitano sia in francese, e in parte ripropone le danze tradizionali delle valli (la gigo, la corenta, ecc.).
Lou Dalfin cambia poi formazione, escono Delfino e Gertosio ed entrano Silvio Peron (organetto e fisarmonica) e Luciano Pasquero (clarinetto). Nel 1984 esce il disco L'aze d'Alegre che dimostra una maturità maggiore sia a livello di arrangiamenti sia a livello di padronanza degli strumenti.
I brani eseguiti sono le canzoni del repertorio valdese (come nel disco precedente), danze e canzoni delle valli in generale e vi è anche una piccola incursione in quello che è il repertorio "savant" della ghironda: due contraddanze di H. Bodin de Boismortier scritte nel periodo barocco, quando la ghironda era utilizzata per fare musica colta e godeva di molta attenzione a corte.
Accanto a Lou Dalfin Sergio Berardo fonda un altro gruppo, L'Arp, insieme a due musicisti: Enrico Mignone, polistrumentista torinese che in questa formazione suona la ghironda e la fisarmonica, e François Dujardin (galoubet, tamburino e violino). L'Arp abbandona quelli che sono gli stilemi del folk-revival e la riproposta di pezzi tradizionali per dedicarsi alla composizione di nuovi brani e attingendo anche al repertorio di altri musicisti (ad esempio Carmarino, canzone scritta da Jan Nouvé Mabelly, un cantaire provenzale). E' un gruppo che ha un livello tecnico molto alto e incide un disco intitolato L'Arp, dodici danze occitane.
Lou Dalfin e L'Arp suonano molto nelle valli e a festival musicali in Italia e in Francia (Lombardia, Friuli, Saint Chartier ecc.). Il pubblico è costituito dagli appassionati di musica tradizionale, da gente che vuole sentire buona musica, dagli abitanti del paese dove di volta in volta si tiene il concerto: è un pubblico da conquistare. Sergio descrive gli strumenti, suona, racconta storie di suonatori del passato, accetta la scommessa di coinvolgere il pubblico con la musica occitana come altri musicisti lo fanno con altra musica. Alla fine del concerto si eseguono pezzi da ballo e i soliti quattro o cinque ballano la gigo e la corenta e nell'impeto di animazione coinvolgono la gente.
Nel 1987 l'attività dei due gruppi si interrompe perché Sergio vuole fare il musicista a tempo pieno, in modo professionale, come unico lavoro e gli viene offerta la possibilità di suonare con la Ciaparusa, un gruppo di folk-revival molto conosciuto che fa musica piemontese. Con la Ciaparusa Sergio suona in moltissimi posti, in Europa e fuori e ciò gli permette di sentire altri gruppi, di confrontarsi con altre realtà, di acquisire sempre più esperienza musicale e di capire come si gestisce un gruppo che conduce una "vita" professionale.
Accanto a questo continua a svolgere un lavoro didattico sul territorio, soprattutto nelle vallate, insegnando nelle scuole, organizzando stage e tenendo corsi di strumenti occitani che, nel 1987, trovano la loro sede nell'Istituto Musicale di Dronero. Nel 1990 smette di suonare con la Ciaparusa, un po' per motivi personali, un po' perché ritiene che non abbia senso che un gruppo di musica tradizionale del Piemonte suoni in tutto il mondo e non in Piemonte, nella propria terra:
è giusto che questa musica viva anche e soprattutto nel suo territorio. Rinasce così Lou Dalfin.

3.4 Il "nuovo" Lou Dalfin

La nuova formazione è composta da Sergio Berardo (ghironda, organetto, flauti, voce), Dino Tron, fisarmonicista e organettista della Val Chisone, Diego Origlia, un eccellente chitarrista "finger picking" cuneese, Fabrizio Simondi di Pradleves (voce e tastiere), Riccardo Serra, eccellente batterista di Cuneo, originario della Val Varaita, e Giorgio Raimondi, un bassista che però suona solo nel primo concerto e poi viene escluso dalla formazione per incompatibilità musicale e caratteriale. Il materiale eseguito è diverso da quello del passato: mentre Lou Dalfin "prima versione" è un gruppo di folk-revival, Lou Dalfin "nuovo" è quel gruppo di folk-rock che voleva essere l'abortito Ome sarvage: si cercano di unire agli strumenti tradizionali atmosfere e strumenti dell'attualità per fare della musica popolare che non sia ristretta al solito giro degli appassionati ma che sia fruibile da un pubblico più vasto.
Il 28 dicembre 1990 Lou Dalfin tiene il suo primo concerto al Silver bar di Caraglio: accanto a brani più acustici e da ascolto (Valzer de la stacada di Breil, En calant de Cimiez) ci sono corente e polke dall'energia travolgente (Jan d'l'Eiretto, Jan Jan Jan, Polka de Niça). Nella primavera del '92 esce W Jan d'l'Eiretto, disco che nelle vallate ha un enorme successo: l'idea di una cultura occitana fatta di rimpianti per un passato glorioso e intrisa di passatismo viene rovesciata; un gruppo di giovani suona la musica della sua terra con lo stesso entusiasmo con cui avrebbe potuto suonare la musica punk o rock, la musica "viva".
Ad un certo punto Diego Origlia decide di intraprendere una carriera da solista, lascia il gruppo e viene sostituito da Fabrizio Dutto di Cuneo, un chitarrista prettamente "elettrico".
Entra anche a far parte de Lou Dalfin un bassista, Enrico Damilano.
Il gruppo ha adesso un vera line-up rock e abbandona i pezzi più soft per andare alla ricerca di un suono sempre più di attacco, con un uso più massiccio della chitarra elettrica. C'è ancora, successivamente, un cambio di chitarrista: arriva Alfredo Piscitelli che rimarrà per ben nove anni.
Nel 1995 esce Gibous Bagase e Bandì, prodotto da Madaski.
Grazie a questo disco che viene distribuito anche fuori dalle vallate e all'intensa attività live degli anni precedenti, Lou Dalfin acquista visibilità a livello nazionale e incomincia a suonare in alcuni festival importanti. Esce poi dal gruppo Fabrizio Simondi che però continuerà a collaborare dal punto di vista della creazione di testi per le canzoni e degli arrangiamenti musicali.
Nel 1997 viene inciso Radio Occitania Libra, un live registrato in parte al Salone della Musica di Torino e in parte negli studi della radio svizzera italiana, in collaborazione con il gruppo basco Sustraia. Questo album avrebbe dovuto dare adito a una collaborazione più duratura, ad una tournée europea, poi il progetto non va in porto a causa di problemi logistici: "spostare" così tanti musicisti e creare delle occasioni per esibirsi insieme è difficile. Si fanno così alcuni concerti (Saluzzo, Caraglio, Torino, Paesi Baschi) con un grosso successo di pubblico e poi la collaborazione termina.
Nel 1998 Lou Dalfin registra Lo Viatge prodotto da Hairi Vogel ed Enrico Damilano. Questo disco è più "gotico" sia come composizioni sia come sonorità e a livello compositivo ha alcune perle di grandissimo valore come Lo viatge, il brano che gli dà il titolo. Dopo questo album Enrico Damilano lascia il gruppo e viene sostituito da Daniele Giordano.
Nel 2001 esce La Flor de Lo Dalfin, un disco antologico che ripropone brani già registrati precedentemente. Intanto Daniele Giordano e Alfredo Piscitelli decidono di smettere di collaborare con il gruppo e al loro posto arrivano Gianluca Dho (già bassista de Lou Seriol) e Christian Coccia, eccellente chitarrista elettrico di Torino; si aggiunge in seguito anche un trombettista, Alessandro Montagna.
Il rinnovato ambiente del gruppo e la nuova energia portano ad una produzione di nuove composizioni in linea con gli standard più alti degli anni precedenti. Nel 2003 esce il singolo promozionale Sem encar ici, poi nel 2004 è la volta di L'òste del diau, prodotto da Josh Sanfelici, un disco di altissimo livello tecnico che raccoglie anche una serie di collaborazioni con altri musicisti tra i quali Vincenzo Zitello, Massimo Giuntini, la sezione di fiati della Oliver River Gess Band, Mario Poletti, un plettrista che suona buzuki e mandolino e che sempre più spesso si esibisce anche in concerto con il gruppo.
L'òste del diau è il disco che meglio esprime lo spirito de Lou Dalfin, è il risultato di un'evoluzione che è andata maturando negli anni con i concerti, l'incontro col pubblico, la ricerca e lo studio. Si è cercato di curare molto i dettagli, la musica, i testi, la grafica (la copertina è stata disegnata da Luca Enoch) e anche la distribuzione che questa volta è a livello mondiale.
Con questo album arriva un ambìto riconoscimento: il premio Tenco. Per la prima volta una entità culturale delle valli occitane viene insignita di un riconoscimento importante a livello italiano e internazionale e questo è un traguardo significativo che può concorrere a dare una carica di positività e di entusiasmo a tutti coloro che nei diversi campi si impegnano per la valorizzazione e la diffusione della cultura occitana.
L'attività concertistica de Lou Dalfin è molto intensa; dal 1990 fino ad oggi ha fatto centinaia di concerti nei luoghi più disparati: in Francia (a Saint Chartier, al "Printemps de Bourges", al festival di Neoules), nei Paesi Baschi, in Catalogna (al Mercat de Musica Viva di Vic, vicino a Barcellona), a festival in Italia (Friuli, Lazio, Lombardia, Campania, Sicilia), in Slovenia e poi in Polonia, a Cracovia. Dobbiamo poi ricordare l'appuntamento annuale con "La festa de Lou Dalfin" che nasce per caso nel dicembre del '91, quando i componenti del gruppo decidono di offrire da bere agli amici che li seguono in tutti i concerti: ogni anno la partecipazione è sempre più numerosa e oggi questa festa è uno dei principali eventi musicali di tutta l'Occitania sia per l'afflusso di pubblico sia per la qualità dei gruppi musicali e dei singoli artisti che si esibiscono.

3.5 Il contributo de Lou Dalfin alla conoscenza e valorizzazione della cultura occitana

Con Lou Dalfin c'è stato un cambiamento di immagine, di modo di vivere la musica, la lingua, la cultura occitane: si è passati da un vittimismo lacrimoso e passeista a un'immagine positiva. La musica tradizionale ha trovato la forza, gli strumenti, le energie per vivere nell'attualità, nel presente. Nelle vallate si è passati da un interesse molto marginale, di nicchia nei confronti della musica tradizionale ad un interesse di massa. Oggi il pubblico de Lou Dalfin presenta una grande varietà: giovani, adulti, bambini, anziani; alcuni ballano rispettando le strutture delle danze, altri "pogano", altri ascoltano.
Grazie a Lou Dalfin c'è stata una presa di coscienza collettiva della cultura occitana da parte della popolazione sia all'interno sia all'esterno delle vallate. Questa cultura non è legata inscindibilmente al passato ma è un qualcosa di vivo e in continuo fermento. In pochi anni, con un effetto a valanga, la musica tradizionale ha vissuto uno spettacolare processo di popolarizzazione: si sono moltiplicati balli, concerti, corsi di danza e di strumento, sono nate decine di gruppi tra cui alcuni di grande originalità e valore creativo (primo fra tutti Lou Seriol), ha preso corpo una copiosa produzione discografica, editoriale e oggettistica d'oc.
La danza tradizionale è diventata una normalissima forma di divertimento per i giovani delle vallate e delle zone vicine.
Alla fine degli anni Ottanta i partecipanti a una festa da ballo non superavano in media il centinaio di unità: attualmente si sono toccate punte di duemila paganti per i concerti de Lou Dalfin e una qualsiasi fra le innumerevoli serate di danza degli altri gruppi vede un'affluenza di pubblico molto più rilevante rispetto agli esigui e radi appuntamenti del passato.
La musica occitana è diventata, nelle sue diverse chiavi di lettura, un fenomeno di costume e ha aperto la strada alla curiosità, alla voglia di Occitania, all'orgoglio e alla consapevolezza, da parte della gente, di un patrimonio ricchissimo, antico e allo stesso tempo ben vivo. Lo stesso termine Occitania, di introduzione relativamente recente nelle valli, dopo anni di freddezza o addirittura di ostilità manifestata a riguardo dalla popolazione (gli "occitan" erano considerati soprattutto degli idealisti professanti un'astrusa religione settaria) è stato accettato ed è diventato di uso comune. La musica, nella propria generosa immediatezza, ha giocato in tutto ciò una parte determinante : ha fatto sì che molte persone abbiano riscoperto le proprie radici e che oggi siano testimoni e continuatori consapevoli e orgogliosi di una cultura antica e affascinante.