Problemi, prospettive e proposte per conservare e sviluppare
le pregevoli caratteristiche della Valle Grana


A cura del Prof. Andrea Cavallero





Alpe Chastlar - Castelmagno


Questo scritto è dedicato alle generazioni di Montanari, Allevatori, Pastori, Margari, che da migliaia di anni e fino ad oggi, hanno profondamente modellato il paesaggio delle Alpi, contribuendo alla differenziazione, all'arricchimento e alla conservazione della vegetazione dei prati e dei pascoli,
con vantaggi importanti per tutta la popolazione residente e frequentante la montagna.

L'insediamento umano sulle Alpi ha determinato, per millenni e positivamente per l'uomo, l'evoluzione delle risorse forestali e pastorali, incrementando la biodiversità vegetale soprattutto a livello della vegetazione pastorale.
Le prime difficoltà sono emerse alla fine del 1800 con le migrazioni stagionali per insufficiente redditività dei suoli ed eccessivo frazionamento fondiario. Le migrazioni sono poi divenute permanenti nel secolo successivo, soprattutto dopo la seconda guerra mondiale.
Gli effetti dello spopolamento sono stati ovunque evidenti con gravi ripercussioni sociali, paesaggistiche e fruitive, modificando in tante vallate l'economia montana. Lo sviluppo del turismo estivo e invernale soprattutto, ha indubbiamente frenato lo spopolamento, migliorando le condizioni economiche della popolazione residente.
Le attività primarie si sono ridotte sensibilmente nella bassa e media montagna, mentre le superfici pascolive di altitudine si sono abbastanza conservate, grazie ai processi di transumanza con la pianura e parte della collina, utilizzate per il mantenimento invernale di mandrie e greggi.
In Piemonte, in particolare, la vicinanza dell'alta pianura e della collina agli alpeggi delle vallate alpine aperte sulla stessa pianura, ha supportato la grande ricchezza vegetazionale dei pascoli alpini occidentali.

Le variazioni climatiche in atto richiedono particolari attenzioni per conservare il più possibile le caratteristiche dell'ambiente montano e la sua attrattiva turistica, sempre più ridotta al periodo estivo. Le caratteristiche di pregio paesaggistiche, fruitive e ricreative, frutto del mantenimento delle attività pastorali di altissima qualità, veri segni d'erba di un passato che si deve conservare, possono favorire anche il recupero della popolazione residente.

In Valle Grana la produzione del formaggio Castelmagno d'alpeggio, in particolare, sarebbe un'opportunità eccezionale se ci fossero al riguardo adeguate attenzioni da parte delle Amministrazioni territoriali con alcune iniziative turistico-culturali. Sulle Alpi in Francia, Svizzera, Austria e Slovenia, le attenzioni per conservare attività agricole e pastorali, oltre che forestali, sono notevoli e la produzione di formaggi di qualità ha importanti ruoli, con notevoli sviluppi in tante zone. In Italia la difesa e lo sviluppo dei formaggi di qualità, specialmente di alpeggio, sono spesso trascurati, con ripercussioni gravi sulle attività primarie, sulla conservazione della fruibilità dei territori alpini e sulla popolazione residente.
Il Castelmagno non è un semplice prodotto caseario. In esso sono memorizzate tradizioni, cultura, storia e saperi che, nati in Val Grana, devono continuare a rendere unico e popolare nel mondo il Paese e la Vallata.


Formaggio Castelmagno D.O.P. di Alpeggio


E' più che mai necessaria una politica amministrativa e di difesa che garantisca la produzione di qualità nel comune omonimo e la permanenza sul mercato di un prodotto di vera e originale eccellenza. Le proposte formulate a suo tempo sul catasto produttivo anche in Val Grana potrebbero essere applicate.
Ricordando che è proprio la fama del Castelmagno ad aver risollevato le sorti economiche della popolazione locale, sarebbe un delitto non perseguire come obiettivo primario la continuità della produzione casearia di vera eccellenza.
Un futuro è possibile solo recuperando le caratteristiche produttive dei cotici d'alpeggio e le tecnologie casearie del formaggio Castelmagno. Nel mondo il nome Castelmagno è tuttora associato al luogo dove è prodotto il rinomato formaggio.

Alla fine degli anni ottanta i produttori di Castelmagno DOP nell'omonimo Comune erano più di una decina. Attualmente, di questi ultimi, per varie ragioni, ne sono rimasti due stanziali, che caseificano tutto l'anno e soltanto quattro operano nel periodo estivo producendo il pregiato Castelmagno di Alpeggio.
Di questi quattro, due si fregiano in aggiunta del marchio di Presidio Slow Food.

Queste notevoli trasformazioni sociali ed economiche della Val Grana hanno profondamente modificato la situazione, con l'abbandono o l'irrazionale e speculativa utilizzazione di molte superfici pastorali e la conseguente graduale involuzione di numerose formazioni di pregio verso forme impoverite, a più ridotta biodiversità cenotica, con importanti cambiamenti sul paesaggio e sulla fruibilità turistica e produttiva dei siti. S'impone dunque una serie d'interventi per arrestare il fenomeno e ridare alla valle Grana le caratteristiche di pregio passate.
Tali interventi, una volta attivati, possono essere avviati anche in altre vallate alpine e appenniniche che presentano analoghi problemi.




Vacca di razza "Grigio Alpina"

Interventi necessari.

Sintetizzo brevemente gli interventi necessari per avviare la rinascita del Castelmagno e il recupero di molte attività antropiche in Valle Grana. Maggiori dettagli e indicazioni progettuali potranno essere fornite, qualora la proposta fosse accolta, per adeguati approfondimenti e prime attività:

1)
Far redigere, da competente Pastoralista, i piani pastorali degli alpeggi la cui gestione è affidata al Comune, per conoscere lo stato di conservazione e gli interventi eventualmente necessari per ricondurli alla composizione vegetazionale ottimale, atta a sostenere una mandria di vacche da latte.

2) Ispezionare la vegetazione pastorale di tutti gli alpeggi di Valle e incentivare l'utilizzazione con vacche da latte di tutti quelli la cui vegetazione è sufficientemente conservata, per aumentare nettamente la produzione di latte d'alpeggio e
la correlata produzione di formaggi.

3) Assicurare adeguata assistenza e formazione casearia per migliorare le caratteristiche dei formaggi ottenuti, fino al raggiungimento di adeguata qualità delle forme di Castelmagno prodotte.

4) Con priorità per le superfici del Comune di Castelmagno, nella condizione di area prescelta per verificare le possibilità di modello operativo, esaminare le proprietà e le caratteristiche di tutti gli alpeggi di valle, con l'intento di aumentare, ove la vegetazione pastorale lo consente, la produzione di Castelmagno d'alpeggio. Le analisi pastorali effettuate in valle Grana ai tempi della redazione dei Tipi pastorali del Piemonte (1997-2005) confermano tali possibilità di grande valore, che è importante valorizzare.

5) Conservare la biodiversità specifica e cenotica (vegetale e animale), la diversità ecosistemica e paesaggistica e le funzioni delle formazioni pastorali. Questo è possibile solo con la continuazione dell'attività agro-pastorale, unitamente a iniziative turistiche che consentano alle Comunità alpine di continuare a presidiare efficacemente il territorio.
I vantaggi conseguenti per la Regione, per tutta la Nazione e non solo, sono ben noti.

6) Il Comune di Castelmagno è chiamato a promuovere la produzione del Castelmagno e di altri formaggi negli alpeggi di sua proprietà con un'adeguata e funzionale regolamentazione, con supporti alle imprese pastorali casearie e con iniziative turistiche culturali collegate alla lettura del paesaggio alpino e alla conoscenza nutrizionale dei formaggi da erba, unici prodotti caseari della Vallata.

7) Migliorare le normative di sostegno PAC alle attività pastorali alpine, valutandole in base ai risultati dei servizi ecosistemici regolarmente accertati alla fine di ogni stagione di pascolo, non esclusivamente in base al carico animale monticato.



La conca del Sant. di San Magno con le borgate Chiappi e Chiotti, in alto, da sinistra, gli alpeggi Quioutàs, Founiera, Siboulé e Chastlar


a) Valutazione della correttezza del prelievo di erba in funzione della produttività del pascolo, della sua superficie, della sua morfologia, delle potenzialità produttive dei differenti tipi vegetazionali esistenti.
L'applicazione regolare del pascolamento turnato è irrinunciabile.

b) Effettuare omogenee distribuzioni delle deiezioni sulle varie superfici sfruttate con l'applicazione regolare del pascolamento turnato.

c) Favorire la distribuzione delle deiezioni con numerosi punti di abbeverata o con l'introduzione razionale di abbeveratoi mobili su ruote, in modo da spostare giornalmente il luogo di abbeverata e il correlato accumulo di
urina e feci.
Anche la mungitura, effettuata con mungitrici mobili, può contribuire a distribuire adeguatamente le deiezioni.




Rocca Parvo e i ricoveri bestiame dell'Alpe Fauniera


Se le indicazioni fornite saranno giudicate d'interesse, si potrà avviare un progetto tecnico-culturale adeguato. Iniziare intanto a preferire, per gli alpeggi a gestione comunale, i produttori di latte e formaggi, rispetto agli allevatori di vacche da carne, per la maggior cura che la produzione del latte impone alle tecniche pastorali e alla conservazione della vegetazione di pregio.

Contribuire al dissesto vegetazionale delle formazioni pastorali di pregio, adottando rapporti contrattuali speculativi in funzione del solo carico animale, applicato senza ulteriori controlli tecnici sui risultati ecosistemici conseguiti annualmente, determina in modo drammatico la perdita dei valori ambientali, paesaggistici, fruitivi delle nostre Alpi, con responsabilità assai gravi.


Prof. Andrea Cavallero


Le considerazioni di cui sopra sono il risultato di un incontro tecnico tra aziende agricole, operatori del settore,
amministratori locali tenutosi in Valle Grana nel mese di Febbraio 2024


Andrea Cavallero
Laureato in Scienze Agrarie presso l'Università di Torino nel 1963, dopo un periodo di
formazione in Italia, Francia e Regno unito, ha iniziato l'attività didattica ufficiale con
l'insegnamento di Foraggicoltura dal 1970-71 e di Coltivazioni erbacee come professore
associato dal 1975. Professore ordinario dal 1984 nel gruppo disciplinare Agronomia, è stato
titolare dell'insegnamento di Alpicoltura 1, di Sistemi silvopastorali, di Sistemi e pianificazione
foraggero-pastorale al corso specialistico di Scienze forestali. E' stato docente nel Master di
"Ecologia e Gestione dei grandi mammiferi selvatici delle Alpi” della Facoltà di Veterinaria di
Torino e docente nel Master Europeo di Ingegneria ambientale presso il Politecnico di Torino.
Già componente dei Consigli scientifici dell'lstituto Sperimentale per le Colture Foraggere di
Lodi, del Centro Pascoli Mediterranei del CNR e dell'lSPAAM di Napoli (Istituto per il Sistema
Produzione Animale in Ambiente mediterraneo), ha svolto compiti organizzativi didattici e
scientifici come Presidente del Corso di Laurea in “Scienze forestali e ambientali", come
direttore del dipartimento Agroselviter, come responsabile scientifico di progetti di ricerca
nazionali ed europei, come tutore e cotutore di dottorati di ricerca europei.
E' Accademico dell'Accademia di Agricoltura di Francia e Accademico dell'Accademia di
Agricoltura di Torino.
L'altività di ricerca (documentata da oltre 130 pubblicazioni) è stata attuata con la
partecipazione e la direzione di programmi nazionali del CNR, del MiPAF, del MURST, di
progetti delI'Unione Europea, oltre a iniziative locali (Regione Piemonte, Regione Liguria,
ENEL, Gruppo Marzotto, Regione Campania, ecc).
L'attività scientifica ha riguardato la caratterizzazione delle risorse foraggere, lo studio della
loro utilizzazione integrata, lo studio dei sistemi pascolivi e foraggeri e delle filiere casearie e
carnee, le possibilità applicative del catasto produttivo per la difesa e la certificazione dei
prodotti di qualità, lo studio della fisiologia e dei comportamenti adattativi delle specie
foraggere, la valorizzazione dei reflui zootecnici, l'impatto ambientale di differenti sistemi
colturali e altre tematiche di agronomia ambientale, di fitotecnica di colture agrarie e tappeti
erbosi. E' stato divulgatore e promotore per l'introduzione in Italia delle Associazioni fondiarie,
proposte e attuate in Francia dal lontano 1975.
Attualmente, libero da impegni didattici ufficiali, si dedica allo sviluppo della foraggicoltura di
qualità sull'intero territorio nazionale e alla promozione delle Associazioni fondiarie per
superare il problema della frammentazione fondiaria nella zone marginali italiane.



 Per contattarci:  castelmagno.oc@gmail.com