Daniele Garnerone di Como
ha scritto:
cari amici,
vi scrivo queste poche righe di saluto profittando dell'occasione che, per necessità o per diletto, mi vede a tarda sera ancora sveglio.
Leggo con una certa costanza le pagine del diario, talvolta con soddisfazione, altre con rammarico. Sempre comunque prevale il desiderio di ridurre la distanza fisica dai luoghi delle mie origini, ché quella dello spirito è sempre dominata.
Leggere le parole, come le immagini, è un po' come esserci, per me che, ad ogni occasione, torno su questi passi. Il legame è inscindibile, accresciuto negli anni con la necessaria consapevolezza e l'esperienza della vita. Nonostante la mia vita, come della mia famiglia, si sia svolta e si svolga in luoghi non così tanto lontani, è di "mille miglia" la distanza misurata su certi modi di condur l'esistenza, di lavorare, di coltivare relazioni, di fare o non fare cultura cui la "città" ci obbliga e ci consente.
Castelmagno e Pradleves, come altri Pais della Valle Grana, quando ne parlo e ne descrivo, agli amici paiono fuori dal mondo. Cosa ne sanno, loro non possono sapere se non per sfumature, per cliché. Qualcuno pure è venuto ospite, si è innamorato, vi torna entusiasta. Mi rende felice.
Dei tempi in cui ero piccolo, magari relativamente piccolo, non ho dimenticato nulla, nulla di certe emozioni, nulla di certi sapori, di odori e di umori. Ogni anno, aspettavo con trepidazione l'agosto che avrei passato alle Grange. Fine anni Sessanta, primi anni Settanta: si saliva a piedi lungo il sentiero per raggiunger casa (e per andare a far visita ai nonni Margherita e Giacomo, a Campofei, un'ora di cammino, ancora ai primi anni Ottanta). Gli umori della stalla, con tre mucche, poi divenute solo due, quindi una. L'odore della lampada a carburo, accesa a preannunciar la cena. La cottura del pane nel forno, di cui ricordo bene una certa attività quasi incessante, ad agosto, quando tutti gli emigrati facevano ritorno.
Il tempo passato ha lasciato i segni, tracce nette, indelebili. In molti luoghi tutto è rimasto con le forme, le dimensioni, i colori che avevano una ragione nella presenza umana. In gran parte di quelli, quella è ora l'unica assenza, determinante.
Talvolta capita di tornare nei luoghi per ripercorrere il tempo e gli spazi della vita che si è svolta in montagna, secondo modi e abitudini che, con fatica e sacrificio, hanno tratto dall'ambiente quanto necessario per le esigenze quotidiane.
Fermarsi ad osservare in silenzio, con uno sforzo di immaginazione cercare di capire, di comprendere le forme del passato, la luce e i colori, i suoni tra ciò che rimane e ciò che è divenuto delle case, dei sentieri, dei prati, dei boschi e dei rivi d'acqua.
A volte soltanto labili tracce, a volte testimonianze concrete e ancora vive, pur nelle trasformazioni, nelle alterazioni che si sono accompagnate al passare degli anni.
Talvolta capita di riandare alle immagini della memoria; allora si fanno vivi i ricordi del tempo andato.
Ai miei genitori sono dedicate queste parole, a papà da poco venuto a mancare il ricordo carico d'amore. Papà che diceva, da piccolo, "Gaddo mi grand". E subito scendeva da quell'albero su cui si divertiva a salire, compagno di giochi.
ciao
Daniele Garnerone
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18/11/2008 23:45:33 ]
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